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A journey by foot crossing Northern Italy, Austria, the Czeck Republic and finally Poland to talk about memory…

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Partenza di un viaggio

Oggi assistiamo alla partenza di un viaggio che avrà tappe specifiche nella geografia degli spazi della deportazione, ma prima ancora nel tempo. Un salto nel passato che acquisisce concretezza fin dal suo avvio in un luogo, il Memoriale della deportazione, e in un giorno altamente simbolici: il 15 febbraio cade infatti la ricorrenza della partenza da Borgo San Dalmazzo degli internati nel campo di raccolta. Tanti sono i messaggi dell’iniziativa: a partire dal cammino quale dimensione del viaggio a misura d’uomo, capace di veicolare in maniera graduale ed estremamente efficace la memoria di una pagina tragica della storia della nostra provincia. Ma penso anche all’importanza della scrittura per la documentazione della deportazione testimoniata dallo scambio di libri che sarà effettuato dai protagonisti e all’omaggio reso alla vita tramite la piantumazione di alberi nelle varie stazioni ferroviarie lungo l’itinerario. Volentieri porto, quindi, il plauso della Provincia per l’iniziativa che ha meritato il riconoscimento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ai nove partecipanti va l’augurio per un’esperienza che sarà certamente impegnativa, lungo il percorso doloroso dei 26 deportati ad Auschwitz di Borgo San Dalmazzo e degli altri, tanti, che fecero la stessa strada diretti al campo di concentramento. Ma l’auspicio più importante è, a mio parere, quello che riguarda ciascuno di noi: affinché questo viaggio sia metaforicamente garanzia di un’acquisizione consapevole della lezione dolorosa che la storia ci riserva e che deve, necessariamente, essere viatico per la creazione di una società civile.

L’assessore provinciale alla cultura

Lucia Viscusi

“Saluto ai viaggiatori” – Beppe Segre

Vorrei mandare un saluto agli organizzatori del pellegrinaggio ad Auschwitz, ed a tutti i presenti alla serata del 4 febbraio; non sarò presente personalmente all’incontro perché a quell’ora sarà già iniziato lo shabbat, la giornata di riposo e di festa che va dal tramonto del venerdì sera alle prime stelle del sabato sera, intervallo di tempo tutto dedicato alla gioia, alla preghiera, ed allo studio, in cui gli ebrei, per rispetto all’insegnamento biblico ed alle proprie antiche tradizioni, non lavorano, non viaggiano, ed allontanano il pensiero da ogni occasione di tristezza e di dolore. Vorrei però ringraziare gli organizzatori della serata e chi opera per l’amicizia ebraico – cristiana e per la conoscenza reciproca. Il mio più vivo ringraziamento dunque all’Ufficio Diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ed i miei auguri più affettuosi per una pronta e completa guarigione a Fra Sereno, amico attento e sensibile.

Un ringraziamento, e un augurio, per i pellegrini che si accingono ad una grande iniziativa ed ad un grosso impegno per ricordare le vittime della Shoah, a partire da quanti, italiani e profughi da ogni parte di Europa, furono raccolti in una località vicinissima a qui, nel campo di Borgo San Dalmazzo, e da qui avviati ad Auschwitz con due trasporti, il 21 novembre 1943 via Nizza e poi Drancy e il 22 febbraio 1944, via Fossoli.

Che il pellegrinaggio possa essere un’occasione di meditazione e di incontro e di scambio di riflessioni con tante persone, di nazionalità e di lingua diversa, così come di ogni lingua e di ogni paese europeo furono i milioni di uomini e donne, tra cui vecchi e bambini anche piccolissimi, vittime dell’odio nazifascista.

Ed alla fine del viaggio, immagino che i pellegrini proveranno le emozioni che provano tutti coloro che entrano in quel campo di morte, il più grande cimitero del mondo, e che Primo Levi definiva come “il confuso ritegno”, “il doloroso senso di pudore”, “la pena” e “la vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare ad un oltraggio”. “Perché – continua ancora Primo Levi – nulla mai più sarebbe potuto avvenire di così buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi dove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti”.

Un ringraziamento ed un augurio a chi opera per il ricordo commosso di quel che è stato, e per l’incontro e la conoscenza di genti diverse.

Il mio più affettuoso augurio di “shalom”, pace

Torino, 4 febbraio 2011

Beppe Segre

“Camminare insieme” – A. Cavaglion

GEMEINSAM WANDERN

Die Idee eines Marsches nach Auschwitz ist lobenswert und wird unterstützt. „Gemeinsam zu wandern ist für mich die natürlichste Art, Verbindung zu den Freunden zu halten“ vertraut Primo Levi Bianca Guidetti Serra an.

Wenn man das Projekt von Officina, Theatersitz der Compagnia Il Melarancio, betrachtet, streifen einen viele Erinnerungen, nicht nur die Wichtigkeit, die Levi dem gemeinsam Wandern zuschreibt. Sofot kommt einem Campo di sangue (Mondadori, 2003), das Erstlingswerk Eraldo Affinatis in den Sinn. „Aber was ist das wahre Ziel?“ fragt sich der junge Schriftsteller, bevor er an mit einem einem berührenden, aber schwer durchzuführenden Vorhaben einlässt: „Warum Auschwitz? Nur weil meine Mutter Gefahr gelaufen ist, dort zu enden? Oder will ich seit seit einigen Jahren fast nur Bücher über die Konzentrazionslager lese? Weil ich Levi, Antelme, Borowski, Semprun, Todorov, Herling, Sereny, Solzenycin, Bauman, Bettelheim, Marrus, Sinjavskij, Salamov, Améry, Wiesel und all die anderen gelsen habe?“ Im Versuch, auf diese Fragen, persönliche und kollektive, zu antworten, hat Eraldo Affinati eine Bewusstseins- und Erkenntnisreise zur Unermesslichkeit des Bösen gemacht. Zum Großteil zu Fuß zurückgelegt, stellte der Weg zwischen Venedig und Auschwitz auch die symbolische Reise einer romantischen Kultur dar, die von den Vorstellungen einer Wasserlagune, des Maromor und der zinnenbewehrten Türme in das schwarze Loch von Stacheldraht und Baracken stürzt.

Denselben symbolischen Charakter scheint mir das Projekt von Gimmi Basilotta anzunehmen, das ich mit besonderer Aufmerksamkeit zu beobachten plane: er nimmt sich vor, nicht die romantische Meereslagune zu vereinen, sondern die Meeralpen, die den Hintergrund der Geschichte der Juden von S. Martin Vésubie, zwischen 8. September und 21. November 1943, dem Datum ihrer Deportazion von Borgo S. Dalmazzo nach Auschwitz, bilden.

Als ich 1981 in meinem Buch “Nella Notte straniera“ (In der fremden Nacht) ihre Geschicht erzählte, hätte ich mir nicht vorgestellt, dass sich viele Zeit später, auf den Spuren dieses „fremden Volkes“, das aus halb Europa kam, einige Junge – und weniger Junge- auf den Weg machen, koordiniert von einer Vereinigung in Saluzzo, die jedes Jahr, am ersten Sonntag im September, zur Erinnerung an das Ereignis auf den Colle Ciriegia und den Colle Finestra steigen; und umso weniger hätte ich mir vorgestellt, dass eines Tages ein noch beeindruckenderes Projekt wie das Gimmi Basilottas entstehen würde.

Ein Projekt, das mir, wie es auf literarischem Gebiet schon die Erzählung Affinatis hatte, starken spirtuellen und symbolischen Wert zu haben scheint: es handelt sich um eine Reise innerhalb Europas, aber auch um eine Reise in sich selbst, um die Geschichte zu verstehen und um die Rolle zu verstehen, die jeder von uns haben muss, wenn er die Erinnerung an die Vergangeheit bewahren willohne in die Falle den Rhethorik zu geraten.

Alberto Cavaglion