. Riflessioni « passodopopasso

A piedi attraverso l’Italia, l’Austria, la Repubblica Ceca e la Polonia per parlare di memoria…

Contributi alla riflessione

76 Parole

Prestaci una tua Parola, la porteremo con noi per restituirla a...

Partenza di un viaggio

Oggi assistiamo alla partenza di un viaggio che avrà tappe specifiche nella geografia degli spazi della deportazione, ma prima ancora nel tempo. Un salto nel passato che acquisisce concretezza fin dal suo avvio in un luogo, il Memoriale della deportazione, e in un giorno altamente simbolici: il 15 febbraio cade infatti la ricorrenza della partenza da Borgo San Dalmazzo degli internati nel campo di raccolta. Tanti sono i messaggi dell’iniziativa: a partire dal cammino quale dimensione del viaggio a misura d’uomo, capace di veicolare in maniera graduale ed estremamente efficace la memoria di una pagina tragica della storia della nostra provincia. Ma penso anche all’importanza della scrittura per la documentazione della deportazione testimoniata dallo scambio di libri che sarà effettuato dai protagonisti e all’omaggio reso alla vita tramite la piantumazione di alberi nelle varie stazioni ferroviarie lungo l’itinerario. Volentieri porto, quindi, il plauso della Provincia per l’iniziativa che ha meritato il riconoscimento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ai nove partecipanti va l’augurio per un’esperienza che sarà certamente impegnativa, lungo il percorso doloroso dei 26 deportati ad Auschwitz di Borgo San Dalmazzo e degli altri, tanti, che fecero la stessa strada diretti al campo di concentramento. Ma l’auspicio più importante è, a mio parere, quello che riguarda ciascuno di noi: affinché questo viaggio sia metaforicamente garanzia di un’acquisizione consapevole della lezione dolorosa che la storia ci riserva e che deve, necessariamente, essere viatico per la creazione di una società civile.

L’assessore provinciale alla cultura

Lucia Viscusi

“Saluto ai viaggiatori” – Beppe Segre

Vorrei mandare un saluto agli organizzatori del pellegrinaggio ad Auschwitz, ed a tutti i presenti alla serata del 4 febbraio; non sarò presente personalmente all’incontro perché a quell’ora sarà già iniziato lo shabbat, la giornata di riposo e di festa che va dal tramonto del venerdì sera alle prime stelle del sabato sera, intervallo di tempo tutto dedicato alla gioia, alla preghiera, ed allo studio, in cui gli ebrei, per rispetto all’insegnamento biblico ed alle proprie antiche tradizioni, non lavorano, non viaggiano, ed allontanano il pensiero da ogni occasione di tristezza e di dolore. Vorrei però ringraziare gli organizzatori della serata e chi opera per l’amicizia ebraico – cristiana e per la conoscenza reciproca. Il mio più vivo ringraziamento dunque all’Ufficio Diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ed i miei auguri più affettuosi per una pronta e completa guarigione a Fra Sereno, amico attento e sensibile.

Un ringraziamento, e un augurio, per i pellegrini che si accingono ad una grande iniziativa ed ad un grosso impegno per ricordare le vittime della Shoah, a partire da quanti, italiani e profughi da ogni parte di Europa, furono raccolti in una località vicinissima a qui, nel campo di Borgo San Dalmazzo, e da qui avviati ad Auschwitz con due trasporti, il 21 novembre 1943 via Nizza e poi Drancy e il 22 febbraio 1944, via Fossoli.

Che il pellegrinaggio possa essere un’occasione di meditazione e di incontro e di scambio di riflessioni con tante persone, di nazionalità e di lingua diversa, così come di ogni lingua e di ogni paese europeo furono i milioni di uomini e donne, tra cui vecchi e bambini anche piccolissimi, vittime dell’odio nazifascista.

Ed alla fine del viaggio, immagino che i pellegrini proveranno le emozioni che provano tutti coloro che entrano in quel campo di morte, il più grande cimitero del mondo, e che Primo Levi definiva come “il confuso ritegno”, “il doloroso  senso di pudore”, “la pena” e “la vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare ad un oltraggio”. “Perché – continua ancora Primo Levi -  nulla mai più sarebbe potuto avvenire di così buono  e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi dove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti”.

Un ringraziamento ed un augurio a chi opera per il ricordo commosso di quel che è stato, e per l’incontro e la conoscenza di genti diverse.

Il mio più affettuoso augurio di “shalom”, pace

Torino, 4 febbraio 2011

Beppe Segre

“Camminare insieme” – A. Cavaglion

L’idea di un cammino verso Auschwitz è lodevole e va sostenuta. “Passeggiare insieme è il modo per me più naturale di tenere i rapporti con gli amici”, si confidava così Primo Levi, parlando con Bianca Guidetti Serra.

Scorrendo il progetto di Officina, residenza teatrale della Compagnia Il Melarancio, affiorano molti ricordi, non soltanto l’importanza che Levi attribuiva al camminare insieme. Viene subito in mente Campo di sangue (Mondadori, 2003), libro d’esordio di Eraldo Affinati. “Ma qual è il vero obiettivo?”, si chiedeva il giovane scrittore prima di cimentarsi con un’impresa emozionante, ma anche difficile da gestire: “Perché Auschwitz? Solo perché mia madre ha rischiato di finirci? Oppure perché, da un paio di anni, leggo quasi soltanto libri sui campi di concentramento? Perché ho letto Levi, Antelme, Borowski, Semprun, Todorov, Herling, Sereny, Solzenycin, Bauman, Bettelheim, Marrus, Sinjavskij, Salamov, Améry, Wiesel e tutti gli altri?” Nel tentativo di rispondere a queste domande, personali e collettive, Eraldo Affinati ha intrapreso un viaggio di conoscenza e di coscienza verso l’incommensurabilità del Male. Compiuto per gran parte a piedi, il percorso tra Venezia e Auschwitz rappresentava anche l’itinerario simbolico di una cultura romantica che dalle suggestioni di una laguna di acque, di marmi e di merletti precipita nel buco nero dei fili spinati e delle baracche.

Lo stesso carattere simbolico mi sembra assumere il progetto di Gimmi Basilotta, che intendo seguire con particolare attenzione: esso si propone di unire insieme non la laguna del romanticismo, ma le Alpi del Mare, che fecero da sfondo alla vicenda degli ebrei di S. Martin Vésubie, fra 8 settembre e 21 novembre 1943, data della loro deportazione da Borgo S. Dalmazzo per Auschwitz.

Quando nel 1981 raccontai la loro vicenda nel mio libro Nella notte straniera non avrei immaginato che molto tempo dopo, sulle orme di quella “strana gente”, proveniente da mezza Europa, si sarebbero messi in marcia alcuni giovani – e meno giovani – coordinati da un’associazione di saluzzesi, che, ogni anno, la prima domenica di settembre, per ricordare l’evento risalgono al Colle Ciriegia e al Colle Finestra; e tanto meno avrei immaginato che sarebbe nato un giorno un progetto molto più impegnativo come questo di Gimmi Basilotta.

Un progetto che mi sembra avere, come già aveva avuto, sul piano letterario, il racconto di Affinati, una forte valenza spirituale e simbolica: si tratta di un viaggio dentro l’Europa, ma anche di un viaggio dentro se stessi, per capire la storia e per capire il ruolo che ciascuno di noi deve avere se vuole conservare memoria del passato senza inciampare nei trabocchetti della retorica.

Alberto Cavaglion