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CALORE ovvero domenica 13 MARZO

Da Pescantina a Belluno Veronese

In genere mi dico che non bisogna credere alle coincidenze, ma in questa giornata grigia, fredda e piovosa in cui la parola, per ironico contrasto, è calore, quasi che la parola in quanto tale avesse un potere evocativo, ci siamo imbattuti in una serie di situazioni straordinariamente ricche di calore umano.

13 marzoPrima situazione: innanzitutto, nonostante le avversità meteorologiche siamo un bel gruppo a partire e c’è tanta voglia di camminare insieme. Seconda situazione: procediamo per circa un’ora e decidiamo di fare una sosta al bar, i proprietari si incuriosiscono nel vederci con le mantelle da pioggia, i sovrapantaloni, le racchette, ci guardano, ci danno uno spazio per liberarci da tutte le nostre bardature, cominciano a fare domande, si commuovono, si entusiasmano, ci offrono la colazione, ci riempiono di dolci, merendine, cioccolato…Terza situazione: a metà mattinata la pioggia aumenta, un’auto ci sorpassa suonando il clacson, si ferma, scende il guidatore, è Marco il funzionario del Comune di Verona che è venuto a salutarci, si fa convincere con un invito e cammina insieme a noi. Quarta situazione: è passata più di un’ora dal mezzogiorno, siamo fradici e infreddoliti, ci ospita Don Mario, prete del Santuario del Cristo sulla Strada, mangiamo i nostri panini al riparo e al caldo. Quinta situazione: è sera, arriviamo a fine tappa, una famiglia ci invita a cena e a dormire, Daniela ha preparato il minestrone, Luigi stappa una bottiglia, si fanno raccontare tutto il nostro viaggio, poi è il nostro turno stare ad ascoltare, ci narrano della loro vita nelle missioni del Brasile e del Perù.

Qualcuno a cui ho raccontato questa commovente sequenza di fatti avvenuti in una sola giornata, nell’arco di poche ore, l’ha definita “provvidenza”; io non mi ci ritrovo, lo sento un concetto paradossalmente riduttivo: a me piace definirlo, in modo più terreno, semplicemente calore umano.

La parola provvidenza mi sembra che tolga valore ai gesti dell’uomo, lo deresponsabilizzi, facendolo diventare mero strumento; questo viaggio invece mi dimostra ogni giorno che ci sono persone che empaticamente sanno dare e darsi, semplicemente perché sono parte dell’Umanità, perché, come ha scritto John Donne, “nessun uomo è un’isola, intero per se stesso”. Questo viaggio mi sta insegnando ad avere fiducia nella gente.

Nessun uomo è un’isola, intero per se stesso;
Ogni uomo è un pezzo del continente,
parte della Terra intera; e se una sola zolla vien portata via
dall’onda del mare, qualcosa all’Europa viene a mancare,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o la casa di un uomo, di un amico o la tua stessa casa.

Ogni morte di uomo mi diminuisce perché
io son parte vivente del genere umano.

E così non mandare
mai a chiedere per chi suona la campana:
essa suona per te.

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