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DIGNITA’ ovvero VENERDI’ 18 MARZO

Giorno di sosta a Bolzano, con visita alle poche vestigia del campo di Gries.

Dal luglio 1944, resosi insicuro Fossoli, le deportazioni continuarono dal nuovo campo di Bolzano, gestito dalle SS di Verona, con una guarnigione composta da tedeschi, sudtirolesi ed ucraini.

18 marzoA Gries oltre dodicimila persone tra prigionieri politici, partigiani, ebrei, zingari e soldati alleati, furono internate in condizioni di vita pessime, con tempi di lavoro massacranti e numerosi casi di tortura ed assassinio. Tra l’estate 1944 e il febbraio 1945 furono effettuati 13 trasporti per Ravensbrück, Flossenbürg, Dachau, Mauthausen. Dell’unico convoglio diretto ad Auschwitz, partito il 4 ottobre, fece parte anche Alessandro Schiffer: ultimo dei 26 ebrei catturati in provincia di Cuneo a lasciare l’Italia, sarà uno dei tremilacinquecento deportati da Bolzano che non faranno ritorno.

Parlare di dignità percorrendo ciò che resta di questo luogo, leggendo i pannelli informativi posti dal Comune di Bolzano che raccontano nei dettagli la storia, le sopraffazioni, i destini di migliaia di persone, sembra fin troppo facile ed immediato: la dignità infatti è quella condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dalla sua stessa natura di uomo e per cui gli è dovuto rispetto. Luoghi come questo urlano ancora adesso nel silenzio la dignità calpestata e offesa.

Chi di fronte a ciò che è avvenuto non prova orrore, sgomento ed indignazione?

Ma non riesco a non pensare che Bolzano è il penultimo anello di una catena che porta ad Auschwitz, una catena molto lunga che ha tantissimi anelli prima degli ultimi due; ma già il primo di questi anelli, facendoci attenzione, urla nel silenzio la dignità calpestata e offesa quando in Italia, nel 1938, prima della promulgazione delle leggi razziali, si sente il bisogno di censire gli ebrei, raggruppandoli in elenchi. Un lavoro meticoloso, fatto con zelo burocratico dagli impiegati dei comuni, delle questure, delle prefetture di tutta Italia. Poi da questo si intersecano gli altri anelli: la questione della purezza della razza, il primato ariano, la promulgazione delle leggi con le conseguenti limitazioni, l’interdizione dai pubblici uffici, l’esclusione dalle scuole pubbliche, la stesura di altri elenchi, l’internamento, la deportazione, l’eliminazione e l’annientamento.

Mi visualizzo Auschwitz nella sua atrocità come la base di una piramide rovesciata che è sepolta quasi completamente: quello che si vede è il risultato di un percorso che affonda le sue radici in profondità ed è in questa profondità che la dignità dell’uomo è stata  negata ed ha consentito il manifestarsi dell’abominio.

Papa Giovanni Paolo II ha detto:La nostra dignità umana ci viene da Dio nostro creatore, a cui immagine siamo stati creati. Nessuna privazione o sofferenza potrà mai rimuovere questa dignità, perché noi siamo sempre preziosi agli occhi del Signore”.

Pur ammirando ciò che in vita ha fatto Karol Woityla, specie nell’ultima parte del suo Pontificato, non riesco ad essere d’accordo con quanto afferma, perché trovo questa sua dichiarazione pericolosamente deresponsabilizzante ed assolutoria: la dignità, che sia dono divino o valore morale e sociale terreno, è un bene fragile che è nostro dovere rispettare e tutelare, perché è l’indicatore della nostra tendenza alla disumanizzazione. Quando superiamo il limite e calpestiamo la dignità di qualcuno siamo disumani! Succede nel nostro piccolo tutti i giorni, a casa nostra, nelle nostre città, ma ce ne accorgiamo solo quando il caso diventa eclatante, quando l’informazione decide di portarlo agli onori della cronaca, per dimenticarcene un momento dopo, distratti come siamo da migliaia di stimoli diversi.

Allora se ci prendessimo le nostre responsabilità, se aguzzassimo la vista, se prestassimo maggiore attenzione all’altro, rendendo le nostre menti e i nostri cuori un po’ meno insensibili, potremmo, forse, aver compiuto un passo avanti verso la conservazione della nostra umanità.

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