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A piedi attraverso l’Italia, l’Austria, la Repubblica Ceca e la Polonia per parlare di memoria…

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PAURA ovvero SABATO 26 FEBBRAIO

Attraversiamo Milano con un percorso centrifugo che ci porta dalla Stazione verso la periferia orientale; il procedere è inverso rispetto a ieri e più ci avviciniamo al limite estremo della metropoli, più incontriamo difficoltà nel nostro cammino.

Di che cos’è che abbiamo veramente paura? di morire, di non sopportare il dolore, di confrontarci con la diversità, di cadere nella miseria, di perdere la nostra identità, di subire violenza, di essere invasi dagli immigrati…? Stiamo vivendo oggi in un clima di generale insicurezza e tutto quello che ci rende insicuri ci fa paura e ci rende diffidenti, annichilendo i nostri pensieri e le nostre emozioni, facendoci diventare ciechi e sordi, impermeabili agli altri, indifferenti e insensibili.

E’ la paura che settant’anni fa ha reso possibile l’abominio del mondo concentrazionario? Non credo in modo esclusivo, ma mi viene da affermare che in parte questo corrisponda a verità: infatti se non si fosse instillato nei cuori e nei cervelli della gente un sentimento di paura capace di identificare gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali, i diversi come soggetti potenzialmente pericolosi, le donne e gli uomini della Germania di Hitler, dell’Italia di Mussolini, della Francia di Petain si sarebbero opposti, in qualche modo avrebbero espresso il loro dissenso e avrebbero dimostrato la loro sincera solidarietà; invece tutto questo non è successo, in parte credo perché i diversi da noi sono stati vissuti come individui ostili e potenzialmente pericolosi, come nemici da combattere e rendere inoffensivi in nome della sicurezza sociale.

Finalmente ci lasciamo alle spalle Milano e ci dirigiamo su Tavazzano; qui ci attendono le autorità e i cittadini, gli applausi al nostro arrivo in stazione per la conclusione della tappa e poi insieme in corteo fino alla biblioteca, per incontrarci e parlare.

Parliamo di tutto, a 360 gradi: del viaggio, dei nostri riti, la betulla, la terra, lo scambio di libri, le cartoline; parliamo delle colpe di noi italiani durante l’occupazione tedesca, cerchiamo anche di darci qualche spiegazione e forse… qualche giustificazione… a un tratto si alza in piedi una donna e chiede la parola: ci dice che non è vero che gli italiani non sapevano nulla di cosa stava capitando agli ebrei; ci racconta un ricordo della sua infanzia, una sua paura di bambina, di quando con i fratelli si lavava e aveva il timore che il sapone che stava usando fosse fatto con le ossa di ebreo…

Il nostro vivere quotidiano di oggi, in cui ci siamo anestetizzati alla sofferenza degli altri pensando sempre più solo a noi stessi, è poi così dissimile da quello di allora?

26 febbraio

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